Sono passate solo poche settimane da quando Mark Zuckerberg ha reso nota la nuova denominazione della sua società, passando da Facebook a Meta e lanciando, al contempo, una novità che è destinata, nei prossimi anni, a stravolgere il futuro della comunicazione e delle nostre vite, in una parola: Metaverso. Si tratta di un universo parallelo nel quale sarà possibile fare quasi tutto ciò che oggi possiamo solamente immaginare, un’evoluzione di internet e dei social media, la creazione di nuovi spazi digitali nei quali sarà possibile esserci senza farlo fisicamente. No, non è un episodio di Black Mirror -anche se ci somiglia molto- ma è una spiegazione molto breve di ciò che sarà il Metaverso, il quale ha tutta l’aria di un qualcosa che, quantomeno potenzialmente, potrebbe stravolgere le nostre dinamiche riguardanti la sfera sociale, lavorativa ed interpersonale. Il rebranding di Facebook, anzi Meta, nasce proprio da qui, dall’obiettivo di introdurre questo “concetto” di Metaverso nelle nostre vite. Il nuovo volto del colosso della comunicazione, che negli ultimi anni è stato spesso al centro di scandali poco edificanti, passa proprio attraverso quello che sarà un nuovo universo a tutti gli effetti.
La teorizzazione del Metaverso: da Stephenson a Spielberg
Il termine Metaverso nasce nel 1992 dalla penna di Neal Stephenson, autore del romanzo di fantascienza postcyberpunk Snow Crash, nel quale si racconta, appunto, un mondo che si pone su di un binario parallelo rispetto a quello reale, nel quale si vive attraverso avatar. Un esempio esplicativo di ciò, anche se chiaramente romanzato, è il film di Steven Spielberg “Ready Player One”, nel quale i protagonisti, che vivono in un mondo ormai inquinato e sovrappopolato, si ritrovano ad esistere in un universo virtuale e parallelo denominato “Oasis”.
VR e AR, i primi accenni del Metaverso
Ad oggi, va detto, non siamo completamente estranei alle realtà virtuali. Oltre a tutte le esperienze che è possibile vivere attraverso i nostri smartphone, da qualche anno, grazie ad appositi visori, è possibile soprattutto videogiocare -ma non solo- immergendosi appieno in quel mondo virtuale grazie alla realtà aumentata (VR e AR). E il Metaverso presentato da Zuckerberg si propone di essere una sorta di evoluzione molto più immersiva ed articolata di quella virtual reality che oggi abbiamo già la possibilità di sperimentare.
Metaverso: nuovo mondo, nuove opportunità, nuova economia
“Essere insieme agli altri, potersi teletrasportare ovunque, creare e vivere qualsiasi esperienza”. È lo stesso Zuckerberg ad affermare ciò, mettendo in atto una vera e propria rivoluzione che ha lo scopo di abbattere ogni barriera che possa tenere lontane le persone e che possa tarpare le ali alla creatività. Sedersi allo stesso tavolo per prendere parte ad una riunione con persone dall’altra parte del mondo, studiare in un’aula lontana centinaia di chilometri, teletrasportarsi da un contesto all’altro, visitare musei dal divano di casa, assistere ad un concerto o ad uno spettacolo teatrale, acquistare abiti, accessori e persino case: queste sono solo alcune delle esperienze che sarà possibile vivere nel Metaverso. Cominceremo a far parte di una società a tutti gli effetti che avrà, tra le altre cose, anche una propria economia.
La “Metaeconomia” al servizio degli avatar
In un universo parallelo che viene presentato come il luogo nel quale poter concretizzare quasi tutti i propri desideri, non può non esserci un proprio sistema economico. Acquistare l’intangibile sarà ancor più normale, una cosa all’ordine del giorno alla stregua di una giornata di shopping per le vie della propria città. Un antipasto di ciò che decisamente più in grande avremo in un prossimo futuro è visibile, ad esempio, su Fortnite, della Epic Games. Il videogioco è gratuito ma prevede la possibilità di acquistare skin volte solo ed unicamente a migliorare l’estetica del proprio personaggio. Una dinamica che si è rivelata assolutamente vincente e che, in maniera molto più amplificata, si prepara a pervadere il Metaverso. Il mondo della moda, infatti, ha già pensato come sfruttare al meglio questa opportunità e aziende come Nike si sono già mosse per vendere collezioni dedicate unicamente al mondo virtuale. “L’avatar non fa il monaco” sarà quello che forse, tra qualche tempo, diremo per intendere che la persona che si cela alle sue spalle non è per forza come la sua trasposizione virtuale. Quello che oggi vediamo sui nostri profili social -la condivisione della migliore versione di noi stessi- sarà con ogni probabilità ciò che andrà a caratterizzare anche gli abiti del Metaverso. Vestiti firmati, accessori, auto ma anche case e opere d’arte: il nostro avatar potrebbe diventare il beneficiario dei nostri acquisti, dei nostri sforzi economici, vivendo di quella che potremmo definire “Metaeconomia”.

L’effetto Inception tra realtà e virtuale
Un progetto di tali dimensioni e ambizioni non può essere esente da rischi ed eventuali criticità. Se parliamo di un universo parallelo nel quale sarà possibile riprodurre surrogati di attività che caratterizzano la vita reale, nel quale sarà possibile esserci senza esserci e in cui si punta a vivere un’esperienza sempre più distaccata dal reale creando tutto ciò che si vuole, il rischio maggiore potrebbe essere proprio quello di non riuscire a capire cosa sia vero e cosa no. Una specie di effetto Inception. Nella celebre pellicola di Christopher Nolan, infatti, alcuni protagonisti utilizzavano piccoli espedienti per comprendere quando ci si trovava in un sogno e quando no. Sarà necessario anche nel Metaverso?
Opportunità e criticità del metaverso: la nostra analisi
Dal momento in cui il Metaverso sarà pienamente attivo, ci troveremo con due mondi paralleli ed in stretto contatto che difficilmente riusciranno a coesistere senza che, prima o poi, uno sovrasti l’altro. Se in un primo momento potremmo pensare che la vita virtuale sia una mera simulazione di quella reale, staremo sottovalutando l’enorme potenziale che si cela in questo mondo intangibile. Il Metaverso potrebbe essere utile per comprendere i gusti di un determinato pubblico, per simulare l’estetica di un’attività commerciale o l’efficacia di una campagna marketing, per provare vestiti o per visitare un luogo nel quale poi recarsi fisicamente. Ma se il virtuale prendesse il sopravvento sul reale, la situazione non farebbe altro che ribaltarsi e la nostra realtà potrebbe diventare il mondo di riserva nel quale simulare ciò che andrebbero a vivere i nostri avatar. Uno scenario, questo, a tratti spaventoso e ancora, forse, fantascientifico, ma sicuramente con delle basi reali. Perché continuare a vivere in un mondo imperfetto e ricco di limiti quando, “dall’altra parte” c’è più di tutto quello che potremmo aver mai desiderato? Ai posteri -e forse a Zuckerberg- l’ardua sentenza.