Follia o engagement? Il fenomeno del social media manager di Unieuro - A lab

Follia o engagement? Il fenomeno del social media manager di Unieuro

“There is only one thing in the world worse than being talked about,

and that is not being talked about.” 

Oscar Wilde- Il ritratto di Dorian Gray

Dietro ogni pagina che guardiamo sui social, ogni post che leggiamo e ogni  immagine che scorriamo sul feed c’è (quasi) sempre un social media manager, la figura incaricata di gestire il marketing e la comunicazione sui canali social per un’azienda o un brand. Quella che stiamo per raccontarvi oggi è proprio la storia di un social media manager, o meglio del social media manager della pagina di Unieuro, una persona (o forse più realisticamente un team) che, per un giorno, ha stravolto la comunicazione così come siamo abituati a vederla e soprattutto a leggerla!

Un normalissimo post che parla di una lavatrice

Tutto è partito da qui, un normalissimo post dove si parla di una lavatrice, uno dei centinaia di messaggi che siamo abituati a vedere ogni giorno sui social. Ma attenzione però al testo: “Questo è un normalissimo post che parla di questa ottima lavatrice scontata del 54%. Non c’è altro da vedere. Davvero, non vale la pena che clicchi su Altro…”  

Cosa succede cliccando su “Altro”? L’utente improvvisamente si ritrovava a leggere una post lunghissimo in cui non si parlava di elettrodomestici o di lavatrici, ma del mestiere dell’autore del post come se fosse un suo personalissimo “flusso di coscienza”: “Oh, grazie che hai premuto ‘altro’. Davvero. Che poi altro che ‘altro’. Qui c’è tutto. Sì fra, sono io, il social media manager di Unieuro. Niente, ‘ste settimane non ci sono stato perché mi hanno mandato a un corso per imparare a fare i social fichi. Sì, dopo quella storia dell’offerta che si commenta da sola mi hanno detto che ne avevo bisogno, che mi vedevano un po’ provato e storie. Praticamente a ’sto corso mi hanno spiegato come ci si comporta, come si fanno i post, come si commenta (eh, sui commenti si sono soffermati parecchio)”. Dopo la pubblicazione di questo lungo post (e apparentemente fuori luogo) la pagina Facebook di Unieuro è stata sommersa dai commenti, compresi quelli dello stesso social media manager che ha sostenuto la narrazione per tutto il giorno auto-commentando il post con testi lunghissimi (e divertenti) come, per esempio: “Al corso mi hanno detto di essere più professionale. ‘Scopri di più!’ Così, de botto, senza senso. Mettiamolo che fa scena. Allora, ’sta benedetta lavatrice… niente, è più intelligente di me e ha pure 20.000 combinazioni possibili di programmi. Io è già tanto se riesco a fare programmi per il sabato sera”.

Risultato di questa folle operazione? Entro sera Unieuro ha venduto tutte le lavatrici promosse con questo post con tanto, ovviamente di commento dell’ormai famoso social media manager: “Momento momento momento momento mooooooomeeeeeeeeento. La notizia che non pensavo potesse mai arrivare è arrivata. Raga è successo, è successo davvero. In questo momento abbiamo finito le lavatrici”.

Follia o engagement? Cosa impariamo dal caso Unieuro

Tutt’altro che follia, questa è stata un’operazione studiata e perfettamente architettata (e scritta) dall’agenzia social di Unieuro non solo per vendere lavatrici ma per per aumentare l’engagement e il numero di follower della pagina. E i risultati, in entrambi i casi, non si sono fatti attendere. Infatti, non solo sono state vendute tutte le lavatrici, ma il post ha ottenuto numeri da capogiro con 61mila like, 13 mila commenti, 11mila condivisioni. Inoltre la pagina Unieuro in soli due giorni ha guadagnato oltre 10.000 nuovi fan e la notizia del “social media manager di Unieuro” è rimbalzata su tutti i principali media italiani.

Questa cosa ci insegna molto su come comunicare e ci dà altrettanti spunti su cui riflettere. Prima di tutto ci fa capire come un semplice post social creato banalmente per vendere una lavatrice possa invece trasformarsi in una vera e propria narrazione, divertente, ingaggiante e a tratti avvincente capace di tenere le persone (interessate o meno alla lavatrice) incollate sulla pagina.

Il tono di voce, ovvero lo stile e il modo in cui facciamo parlare una marca, è fondamentale. Deve però ovviamente sempre essere coerente con quello che è il dna del brand e i suoi valori (se questa operazione, con questo tono di voce, fosse stata fatta da un brand come BMW o Rolex staremmo qui a parlare non di un successo ma di un disastro social).

Il target: è sempre fondamentale rivolgersi a quello giusto e “vicino” ai contenuti che stiamo comunicando e allo stile con cui stiamo comunicando. Ma quella del target non deve diventare un’ossessione né per le aziende né per le agenzie perché (e questo caso di Unieuro ne è la prova) quando un contenuto “funziona” non c’è targetizzazione che possa contenere un’idea.

I brand non devono solo raggiungere le persone (il famoso target di cui sopra) ma gli devono parlare passando da una comunicazione “branded” a una comunicazione “human”, perché appunto a creare prodotti, servizi e a scrivere i post sui social non ci sono dei robot ma delle persone con le loro storie, le loro personalità e la loro vita.

Infine un approfondimento sui brand. Si pensa che un’azienda o un brand debba sempre rimanere professionale per vendere e in parte questo ragionamento è sicuramente giusto. Sui social però, nati per le persone per comunicare con le persone (e non con un prodotto), un brand deve cambiare il suo modo di porsi varcando, senza paura, quel confine che c’è tra vendita e intrattenimento, tra marketing e relazione. Ne sono la prova anche altri casi come, ad esempio, Taffo o Ceres che hanno avuto successo sui social proprio comunicando in una maniera coraggiosa, originale e mai scontata ponendosi verso le persone con un approccio basato sulla vicinanza, la simpatia e la familiarità.

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